Il secondo termine dello specifico binomio latino è il genitivo plurale di magnates (= magnati o ricchi signori) e sta ad indicare che gli ascomi di questo tartufo molto pregiato venivano consumati prevalentemente alla mensa delle famiglie più abbienti. Viene comunemente chiamato tartufo bianco pregiato del Piemonte o d'Alba o di Acqualagna, trifola bianca, in dipendenza dell'alto valore commerciale dei suoi ascomi e di alcune delle più rinomate zone di produzione naturale. I suoi sporofori hanno forma subglobosa, appiattita o lobata, con cavità e sporgenze determinate dalla struttura del terreno, dimensioni variabili da 1 a 10 o, eccezionalmente, 15 cm diametro e odore intenso, gradevole, leggermente agliaceo. Il peridio, solitamente liscio e glabro, presenta a volte piccole verruche, è spesso solcato da screpolature, ha colore giallino, ocraceo, con maculature grigio-verdastre, giallo-verdi o violacee in relazione al grado di maturazione, e spessore variabile tra 200 a 250 μm.
Nel suo spessore si distinguono due strati: uno esterno, con struttura pseudoparenchimatica con cellule a contorno rotondeggiante di colore ialino o giallo-marrone e diametro variabile da l0 a 20 μm ed uno interno, a struttura plectenchimatica costituito da ife settate di 3-5 μm di diametro. La gleba è soda e granulosa, di colore carnicino con sfumature tendenti al rosa ed al violaceo. Le vene sterili sono biancastre, numerose, sottili, sinuose e scompaiono con la cottura. I suoi aschi sono subsferici e brevemente peduncolati, misurano 60-90 x 45-70 μm e contengono 1-3 spore ovoidali o subsferiche, di colore giallastro od ocraceo-bruno, di 24-34 x 18-32 μm, rivestite da un episporio largamente alveolato con creste nell'interno delle singole areole. Gli ascomi prodotti precocemente (agosto-settembre) detti, comunemente "fioroni", sono piccoli, scarsamente profumati, si formano negli strati superficiali del terreno e sono sempre invasi da larve, per cui hanno scarso valore commerciale. Le leggi in precedenza citate ne vietano la raccolta.
Cresce, in simbiosi con querce, pioppi, salici, tiglio, carpini e nocciolo, su terreni marnosi, calcareo-marnosi, marnoso-argillosi e su arenarie dell'era Terziaria o Quaternaria. Le sue tartufaie naturali si trovano su terreni che si mantengono freschi ed umidi tutto l'anno e sono ubicati lungo fondovalli, fossati, margini di fiumi e torrenti ad altitudini variabili da 200 a 1000 m s.l.m. I terreni vocati alla sua produzione hanno tessitura franca, franco-sabbiosa e franco-limosa, sono soffici, ben drenati, presentano una buona porosità e spesso hanno origine alluvionale, sono dinamici, hanno pH alcalino o subalcalino, calcare totale mediamente aggirantesi sul 15-25%, scarsa dotazione di fosforo e buona dotazione di calcio e potassio. è bene sottolineare che la coltivazione di questo tartufo non ha finora fornito risultati soddisfacenti e, comunque, necessita di ulteriori affinamenti. Se ne può, viceversa, consigliare l'impiego per la realizzazione di tartufaie "controllate".
Il suo areale di distribuzione abbraccia l'Istria, alcune zone dell'ex Iugoslavia e molte regioni italiane. La riduzione dei suoi habitat particolari e le precipitazioni sempre più ridotte ne minacciano seriamente la sopravvivenza. Essendo la specie di Tuber più pregiata, è venduta a circa 2000-4000 euro/Kg e, in annate in cui scarseggia e per ascomi di ragguardevoli dimensioni, può spuntare prezzi anche superiori ai 40-100.000 euro (come successo nel 2006 in un'asta internazionale, organizzata per devolverne il ricavato in beneficenza).